Scerbanenco ostaggio delle sue idee, La Provincia, 6 Settembre 2007, Fulvio Panzeri

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orrest
view post Posted on 27/11/2009, 08:41




SCERBANENCO ostaggio delle sue idee

Lo scrittore, accusato di “resistenza passiva” riparò in Svizzera. In un ricco carteggio inedito il suo dramma di esiliato dal 1943.


La lettera che pubblichiamo fa parte di un corposo epistolario che vede protagonisti un sacerdote svizzero, di grande spessore culturale, Don Felice Menghini e molti intellettuali (scrittori e poeti) che negli anni della guerra si erano rifugiati nei campi profughi svizzeri e che per ottenere la “liberazione” hanno solo due modi: un cittadino svizzero che garantisca per loro e li ospiti nella sua dimora o un patrimonio di cinquemila franchi con cui mantenersi. Don Felice Menghini, oltre che sacerdote, è anche poeta, vive a Poschiavo, in una valle dei Grigioni e ha la fortuna di avere in famiglia una Tipografia ben avviata, tanto che diventerà editore delle Edizioni di Poschiavo, pubblicando come primo libro proprio l’esordio letterario di Piero Chiara, con le sue liriche e dedicando, nella sua collana, ampio spazio alla poesia. È un’attività breve anche quella di editore, perché la sua vita sarà interrotta da un incidente d’auto nel 1947. Don Menghini però ha lavorato molto negli anni precedenti e ha intessuto rapporti con nomi che diventeranno importanti per la cultura italiana e per quella svizzera, da Piero Chiara appunto, fino a Giancarlo Vigorelli, da Mario Apollonio ad Aldo Borlenghi, fino a Giorgio Scerbanenco. Poi su di lui cala il silenzio, fino a quando un giovane e attentissimo studioso Andrea Paganini inizia ad indagare a Poschiavo, in cerca di documenti che possano raccontare l’avventura spirituale e intellettuale di questo sacerdote che amava la poesia e da una soffitta emergono gli scatoloni con i suoi libri e i raccoglitori con le lettere dei suoi numerosissimi corrispondenti: un vero tesoro che adesso vede la luce, grazie all’editore Interlinea che pubblica a cura di Paganini, Lettere sul confine. Scrittori italiani e svizzeri con Felice Menghini (1940-1947) (396 pag., 22 euro). Il carteggio più ricco, ma anche umanamente più profondo, è quello con Giorgio Scerbanenco che parla di sé senza mezzi termini, raccontando il suo dramma di esiliato che trova in Don Menghini non solo un confidente, ma anche un uomo con il quale dialogare sulla letteratura, sui suoi esiti, sui suoi risvolti morali. Dopo l’armistizio italiano dell’8 settembre 1943 e la successiva occupazione tedesca, alcune decine di migliaia di cittadini italiani cercano rifugio oltre confine: Giorgio Scerbanenco entra clandestinamente in Svizzera nel settembre 1943. Dopo i soggiorni in vari campi di smistamento, nel marzo del 1944 si reca nella Valle di Poschiavo, ospite della famiglia Mascioni, per un congedo di sei giorni. Ma, già duramente provato nella salute, è colpito da una crisi cardiaca e quindi ricoverato nel locale Ospedale di San Sisto; curato amorevolmente dalle suore agostiniane, vi rimarrà in convalescenza per quasi due mesi. Su sollecitazione dell’amico Paolo Arcari Felice Menghini, che ha letto sul Corriere della Sera il suo romanzo Cinema fra le donne, gli fa visita. Tra loro nasce un’intesa fraterna e inizia di un rapporto, schietto e fiducioso. Ristabilitosi, Scerbanenco vorrebbe trattenersi di più a Poschiavo, ma nonostante le garanzie fornite per lui da Don Menghini al Dipartimento Federale di Giustizia e Polizia, è costretto a tornare in un campo per rifugiati, a Magliaso (Ticino). Il morale è a terra e le sofferenze fisiche evidenti, ma il rapporto intrecciato con Don Menghini non si interrompe; anzi si intensifica attraverso le lettere che reciprocamente si scrivono. In considerazione delle gravi condizioni di salute in cui versa, nell’ottobre del 1944, Scerbanenco ottiene dalle autorità la liberazione e l’autorizzazione a tra sferirsi a Coira, la capitale dei Grigioni. Qui incontra Indro Montanelli, anch’egli ex collaboratore del Corriere della Sera in terra d’asilo. Nell’aprile del 1945, in attesa della cessazione delle ostilità, Scerbanenco ottiene un permesso di soggiorno provvisorio a Lugano. Spera di rientrare presto in Italia, ma a causa della chiusura assoluta delle frontiere rimane in Ticino fino in maggio, dopo la liberazione di Milano. Le lettere riportate nel libro sono il documento sofferto e profondamente intimo, una sorta di autobiografia di un uomo che guarda al Male del mondo e non può fare a meno di giudicarlo. In una lettera scrive: «Mio padre è morto, durante la rivoluzione russa, prima che io lo conoscessi. Io non ho fratelli o sorelle, sono cresciuto solo con la mamma, e quando, dopo molte tribolazioni, ero riuscito a crearmi degli affetti vitali, ho dovuto abbandonarli. Io so quindi per esperienza sofferta che cosa significa rimanere soli, separarsi. È questo forse il più grave danno causato dalle guerre».

FULVIO PANZERI


Edited by Grea[t]! - 27/11/2009, 22:36
 
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Grea[t]!
view post Posted on 27/11/2009, 22:43




CITAZIONE (orrest @ 27/11/2009, 08:41)
«Mio padre è morto, durante la rivoluzione russa, prima che io lo conoscessi. Io non ho fratelli o sorelle, sono cresciuto solo con la mamma, e quando, dopo molte tribolazioni, ero riuscito a crearmi degli affetti vitali, ho dovuto abbandonarli. Io so quindi per esperienza sofferta che cosa significa rimanere soli, separarsi. È questo forse il più grave danno causato dalle guerre».

Ringrazio orrest per il bell'articolo che chiarisce ancor di più i rapporti tra Scerbanenco e Don Felice Menghini che stanno dietro a Il mestiere di uomo.
Ho riproposto l'articolo secondo il formato canonico che stiamo utilizzando, in modo da facilitarne la lettura.

Poi mi soffermo sulle due parole in neretto. Già perchè la lettura di Non rimanere soli prosegue e mi fa già intuire che alla fine gli spunti di riflessione saranno tanti.

Il percorso intrapreso continua dunque indisturbato tra qualche nota e parecchie riflessioni.
 
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tommaso berra
view post Posted on 27/11/2009, 23:51




grazie orrest. che quotidiano è "la provincia"? ottimo questo contributo. dalla miniera scerbanenco stiamo tirando fuori molto oro. questo carteggio di don menghini curato da paganini (lo stesso studioso che ha scritto "l'ora d'oro di felice menghini", di cui ho parlato nella sezione biografia) bisogna assolutamente leggerlo. una nota: l'autore dell'articolo parla di "cinema fra le donne", romanzo pubblicato da scerba sul corsera. nella bibliografia curata da great-scerbancredi questo titolo non appare ma ce n'è uno simile, del 1942: "cinema delle ragazze". è lo stesso romanzo? seconda nota: don menghini (secondo il paganini della biografia succitata) muore nel '47 in seguito ad un incidente alpinistico, non d'auto. terza e ultima nota: a meno che non abbia letto bene non ho trovato corrispondenza tra il titolo e il contenuto dell'articolo relativamente alle accuse di "resistenza passiva" rivolte a scerbanenco. conclusione: studiamo, studiamo, studiamo.
 
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2 replies since 27/11/2009, 08:41   345 views
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