| Il centro balneare friulano ricorda lo scrittore milanese scomparso nel 1969 e che era rimasto affascinato dalla bellezza incontaminata di mare e pineta. Ci arrivò per caso e se ne innamorò all’istante.
Spiaggia in giallo con Scerbanenco, quarant’anni dopo.
LIGNANO Quasi quarant’anni fa, il 27 ottobre del 1969, stroncato da un improvviso malore, moriva a Milano lo scrittore Giorgio Scerbanenco. Aveva 68 anni ed era al culmine della sua carriera di giallista. Era stato a Lignano fino a un mese prima: infatti nella località balneare (dove se ne ricorderà la figura lunedì 31 agosto, con un incontro al Centro civico, presenti la figlia Cecilia Scerbanenco e l’esperto di giallo Luca Crovi) aveva preso casa ormai da molti anni. Così com’era capitato a un altro famoso scrittore (Ernest Hemingway), anche Scerbanenco era rimasto affascinato dalla bellezza, allora veramente incontaminata, di Lignano, una località completamente immersa nel verde della pineta, accanto al Tagliamento e lontana dal frastuono delle città. «Era il luogo più vasto che avesse mai veduto, dalla spiaggia che non finiva mai più da una parte, e dall’altra e dietro, la pineta, i campi, il fiume, la laguna di Marano», si legge in un suo romanzo ambientato nella località balneare friulana. A Lignano Scerbanenco vi era capitato per caso, durante uno dei suoi consueti viaggi in auto attraverso l’Italia con la compagna Nunzia Monanni. E ne era rimasto affascinato. Niente massa di turisti, del resto allora non c’erano neanche grandi strutture ricettive. Niente stabilimenti balneari, sarebbero sorti anni dopo, ma una distesa di sabbia che non ricorda, come recita il titolo di uno dei suoi romanzi ambientati proprio a Lignano. E niente condomini e grattacieli, quelli che oggi stanno spuntando come funghi su tutto il litorale, cambiando la skyline della località. Era la Lignano di inizio anni Sessanta, un litorale ancora lontano dai circuiti vacanzieri di massa come Cesenatico, Riccione, Rimini e le altre spiagge dell’epoca, prese d’assalto dagli italiani in pieno boom economico, fiduciosi in un futuro roseo e non in un avvenire che per molti si sarebbe rivelato «un buco nero in fondo al tram», come avrebbe cantato, poi, Jannacci. Scerbanenco se ne innamorò subito e decise di acquistarvi una casa, prima a Pineta poi a City, dove si trasferì con le due figlie Cecilia e Germana. A Lignano aveva fatto molte amicizie e d’inverno vi trascorreva le festività. D’estate, invece, approdava al bar Gabbiano con la sua macchina per scrivere e, incurante del frastuono e del vociare, dava vita ai suoi racconti e ai romanzi. La scoperta di Lignano come nuovo “rifugio” aveva coinciso con una nuova e importante fase della vita creativa dello scrittore: dopo essersi occupato per anni della direzione di riviste femminili per la Rizzoli e per la Mondadori, per le quali aveva scritto racconti e romanzi rosa, nonché curato seguitissime rubriche di lettere (firmandosi come Valentino e Adrian), Scerbanenco aveva infatti deciso di scrivere un romanzo, «qualcosa di veramente nuovo» come aveva accennato in una cartolina all’amico Oreste del Buono. Il romanzo al quale stava già lavorando Scerbanenco era Venere privata, il primo poliziesco della serie con protagonista Duca Lamberti. Era il 1965 e nasceva il giallo all’italiana, al quale moltissimi scrittori della cosiddetta scuola milanese (primi, fra tutti, Andrea G. Pinketts e Piero Colaprico) ma anche i colleghi romagnoli (Loreno Macchiavelli e Carlo Lucarelli) devono molto. Un legame molto profondo, insomma, quello con Lignano: «Abbiamo scoperto il Friuli per caso, in una delle nostre prime gite – aveva raccontato Nunzia Monanni, ultima compagna dello scrittore, scomparsa di recente -. Era un posto bellissimo, apparso dopo un viaggio interminabile. Allora nella cittadina c’era solo l’albergo Astoria». Lo scrittore era rimasto affascinato dalle dune, da quel senso di acqua dappertutto, dalla splendida pineta che scendeva giù, fino alla riva. Ma amava molto anche le foci del Tagliamento e la laguna, dove si avventurava con la battella piatta dei pescatori, fino a risalire il fiume Stella. E tra i luoghi preferiti da Scerbanenco c’erano anche i casoni dei pescatori fra i canneti, la zona della vecchia darsena, «dove allora c’era “Lo sbarco dei pirati”: una grande spiaggia a mezzaluna, tutta coperta di conchiglie». Frequentava i ristoranti all’aperto, allora nel cuore della pineta, ma anche il mercatino e il luna park, dove «si divertiva a sparare e ad andare sulle giostre con le figlie». Lignano entra nel cuore e nelle pagine dello scrittore. La spiaggia friulana fa da sfondo a molti racconti e romanzi, come Al mare con la ragazza (Garzanti, 1973), in cui si narra di una fuga da Milano, dopo una rapina, di due ragazzi: sono Duilio e Simona, condannati fin dall’infanzia a una vita meschina e senza prospettive, che si danno alla delinquenza. Fuggono e arrivano proprio a Lignano, drammatico epilogo della vicenda. Se in Dove il sole non sorge mai (Garzanti, 1975) fa capolino Spilimbergo (dove era nata la mamma dell’ultima compagna di Scerbanenco), è in un vero e proprio giallo che Lignano fa da protagonista: si tratta de La sabbia non ricorda (Rizzoli, 1963), in cui si racconta di un efferato delitto: i carabinieri trovano sulla spiaggia un uomo con la gola squarciata. E da qui via con una rete di intrighi, menzogne e reticenze. Un giallo, dunque, ma anche una vicenda d’amore, poiché in Scerbanenco, ed è anche questa una grandezza dello scrittore, nero e rosa si fondono continuamente. Lignano ha riscoperto Scerbanenco nel 1996. Gli ha dedicato per alcuni anni un concorso letterario e intitolato una via nei pressi del Parco Zoo. Ora lo ricorda a quarant’anni dalla scomparsa con una mostra e un incontro. Molto di più di quello che ha fatto Milano.
OSCAR D'AGOSTINO
|