L'antro dei filosofi, il quarto libro dedicato ad Arturo Jelling

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Grea[t]!
view post Posted on 29/12/2009, 23:49 by: Grea[t]!




Un po’ di tempo fa si discuteva sulla qualità del ciclo Jelling, e sulla sua riuscita nell’universo delle opere scerbanenchiane. Che i romanzi del ciclo siano godibilissimi è di tutta evidenza, così come è altrettanto limpida la presenza narrativa del miglior Scerbanenco, testimoniata, come ormai capita sempre, dal desiderio di completare in fretta la lettura, senza tentennamenti di alcun tipo o sensazioni di pesantezza. E’ poi altrettanto chiaro il fatto che questi romanzi si collochino all’inizio della carriera dello scrittore, tra il ‘40 e il ‘42, ed è dunque normale trovare da ridire su questo o quell’elemento strutturale senza aver timore che Giorgio si rivolti nella tomba. Sarebbe sbagliato, a tal proposito, paragonare la serie di Jelling a quella di Duca, e per molteplici ragioni. Con Duca Scerbanenco raggiunge il suo acme, il suo massimo livello artistico ed esistenziale; Duca Lamberti è il personaggio che fa nascere il noir italiano, che apre una traccia, creando un nuovo genere letterario nazionale. Lamberti necessita dunque dello Scerbanenco più maturo e con le maggiori (numericamente parlando) esperienze possibili: la Prima e la Seconda guerra, la fuga da Kiev e quella in Svizzera, l’ambiente familiare di Roma e la Milano straniera, tutta questa che è la vita di Scerbanenco sarà il motore della sua maturazione e dell’evoluzione della sua scrittura. Jelling è altro, un’altra tipologia di thriller: è il “giallo” puro, di sherlockiana memoria. Non è un genere nuovo per gli scrittori italiani ed infatti Scerbanenco darà un contributo - comunque importante a mio avviso - ma non inventerà nulla. E’ probabile dunque che il giallista dotto e appassionato trovi da ridire su più punti: la complessità dell’intreccio (come per esempio in Nessuno è colpevole) oppure lo scioglimento dello stesso, magari eccessivamente repentino e immotivato. Va bene tutto, se ne discuta, ma non dimentichiamo che, in questo periodo, parliamo di un giovane scrittore, di innato talento, ma che deve ancora vedere tanto, se non tantissimo.
Fatta questa doverosa premessa, inizio a parlare da appassionato di Jelling di questo quarto capitolo, ringraziando orrest che ha aperto la discussione dopo la lettura.
L’Antro dei filosofi mi ha lasciato molto soddisfatto, il meccanismo e lo scenario della trama sono accattivanti e il finale non delude, e già questa è una garanzia. Ma il romanzo merita una riflessione adeguata, profonda, perché come ha già bene detto orrest è un episodio che si discosta un po’, per certi tratti, dai tre precedenti.
Iniziamo da un particolare, nuovo rispetto al solito.
In tutti i capitoli, nella prima pagina, in alto a destra, è riportata una nota che spiega al lettore in sintesi quello che può aspettarsi dalle pagine successive. Questa nota assomigliante ad un foglietto di Jelling, uno dei tanti che egli tiene nelle tasche del panciotto, simili a post-it moderni, rende l’idea della struttura del romanzo: è come se leggessimo una cartella dell’archivio della polizia, con appunti e considerazioni personali da parte degli esperti. I promemoria che Jelling lascia a Sunder con le possibili opzioni del crimine oppure i ritratti dei presunti colpevoli sono a volte riportate interamente da Scerbanenco, che riesce in questo modo ad aiutare il lettore nella sua indagine personale, coinvolgendolo man mano che il romanzo prende corpo, e dandogli l’idea di essere lì negli interrogatori, anche lui vicino a Jelling. Una struttura siffatta pone rimedio alla mancanza di Tommaso Berra oppure, come la vedo io, ne motiva l’assenza. Se si leggono le carte della polizia infatti, non c’è la necessità di filtrare i ragionamenti di Jelling attraverso una seconda persona nel romanzo, perché tutto ciò che è pensato è scritto, nero su bianco, con chiarezza estrema. Notate infatti, già lo dicevamo, come è solo attraverso il ragionamento e la logica che Jelling sbroglia il caso, senza mai ricorrere al doppio gioco o nascondere agli interrogati i suoi sospetti. In questo si conferma proprio un investigatore atipico ed improbabile.
Questo quarto episodio rappresenta poi una chiara evoluzione della timida figura dell’archivista, ormai divenuto esperto e rinomato dopo la soluzione dei tre casi precedenti, pur mantenendo intatti l’estrema timidezza e il pudore che ne hanno fatto il successo. Lo si vede chiaramente fin dalle prime pagine, quando ad esempio il capitano Sunder decide di dirottare il signor Steve nell’ufficio dell’archivista, senza farlo passare dal proprio. Jelling non è poliziotto, ma ormai e come se lo fosse. Il capitano conosce ormai i suoi preziosi ragionamenti e gli lascia volentieri carta bianca, al contrario di quanto accadeva nei primi romanzi dove un’ulteriore causa del timore di Jelling era dovuta proprio alle risposte del capitano, costretto a subire quelle tecniche investigative strampalate. Adesso non più, adesso Sunder si preoccupa per Jelling, si preoccupa che egli abbia mangiato e addirittura che non abbia troppo caldo, in una giornata afosa, dentro un ufficio rovente.

<< Il caldo era divenuto impossibile da sopportare. Jelling stava morendo asfissiato nella sua giacca, forse sarebbe svenuto, se a un certo punto non fosse entrato nel suo ufficio il capitano Sunder. “Come? Ancora qui? Non siete andato a far colazione?”
“Ve... vedete, aspettavo una persona per la denuncia che mi avete rinviata questa mattina.”
“Gli Steve?...E perché non vi levate la giacca?”
“Ma no, capitano...Non occorre...” mormorò Jelling. Aveva il colletto fradicio. Lungo la schiena gli correvano rivoli di sudore, che si fermavano alla vita, impediti dalla cintura. Le maniche della camicia gli si appiccicavano alla pelle, impedendogli i liberi movimenti del braccio.
“Non occorre?!” urlò il capitano Sunder. “Non vorrete mica far la fine della candela?...Andiamo! Marsch!”
Nonostante le rispettose resistenze di Jelling, il capitano Sunder gli si avvicinò, gli tolse a viva forza la giacca, rimase incredulo quando vide che il suo investigatore osava portare il panciotto e gli levò anche questo; e gli levò anche la cravatta, e gli aprì il colletto e infine gli rimboccò le maniche. >>


Una scena di un umorismo micidiale, a cui segue Sunder che porta due ventilatori nella stanza e Jelling impietrito, denudato e immobile che non riesce più a parlare.
Che Jelling sia un po’ più sicuro di se lo si vede anche da un altro importante particolare: l’assenza di Matchy. Eravamo abituati alla figura del fido aiutante, manovale della polizia, addetto alle ricerche pratiche e ad alzare la voce nel caso ce ne fosse bisogno. Nell’Antro questa figura scompare e viene rimpiazzata, in una sola occasione narrativa, dall’agente Faber, l’alto e robusto Faber, che ha il compito di pedinare gli Steve e sarà poi quello che al momento opportuno farà partire un bel cazzotto - fino a qui Jelling non può davvero spingersi!. Al di la di questa breve comparsa, Jelling è solo: nessuno lo aiuta, nessuno lo porta in giro con la macchina d’ufficio, a nessuno verranno affidate incombenze particolari, eccezion fatta per Faber, che conferma però la regola, essendo appunto eccezione. Jelling non ha più bisogno di nessuno, è perfettamente in grado di gestire i tempi dell’indagine, ascoltando a ripetizione le persone sospette e quelle informate dei fatti. Sarà solo lui a gettarsi in un inseguimento in auto, dove, mostrando lui il distintivo, grida all’autista del tassì di andare più in fretta che può.
Questi elementi sono del tutto nuovi e arricchiscono ancor di più il quadro di questi romanzi: qui, così come del resto in tutto il cammino di Scerbanenco, l’evoluzione ed il mutamento sono continui, e soprattutto, funzionali alla scoperta di nuovi particolari determinanti per un pieno apprezzamento dei personaggi.

Concludo infine con alcune note secche:

1. Sia ne L’Antro sia ne Il Cane che parla Arthur Jelling diventa Arturo Jelling. Questa italianizzazione del nome resta ancora inspiegabile. Occorrerebbe vedere se nelle prime edizioni dei tre precedenti volumi (per intenderci non le ultime edizioni Sellerio) il nome è americanizzato o italianizzato come qui.

2. Boston viene nominata solo indirettamente dai personaggi, mentre Scerbanenco non la fa mai citare a Jelling, sempre solito a presentarsi così: “ Sono Arturo Jelling, della Centrale di Polizia...”. Che quei puntini abbiano uno scopo particolare?

3. A pagina 113 la scoperta che può riaprire un vecchio dibattito tra me e tommaso.
<< Nonostante il caldo, Jelling amava quell’ora come l’aveva amata da giovanotto, all’epoca in cui faceva le passeggiate sentimentali con la signora Jelling e aveva smesso da poco di studiare medicina. >>
Jelling studiava per fare il medico. Ce lo aveva già detto Scerbanenco o, come credo, è la prima volta che egli vi accenna?
In ogni caso, ancora una volta, la professione è sempre la stessa: il medico, come era Lamberti e come sarebbe stato Jelling, se non fosse divenuto implacabile come investigatore.

 
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14 replies since 12/12/2009, 18:34   614 views
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