| tommaso berra |
| | CITAZIONE (Grea[t]! @ 18/12/2009, 10:04) Il film è tratto dall'omonimo racconto di Scerbanenco. Ho controllato e non è presente ne Il centodelitti, quindi studiamo per approfondire queste schede con riferimenti più precisi. Il racconto di Scerbanenco da cui è tratto questo film fa parte della raccolta "Milano calibro 9". Qui di seguito riporto una recensione di Tullio Kezich, apparsa sul "Corriere della sera" il 30 novembre 1993: A certi film i festival, nati per promuovere il cinema, fanno decisamente male: nel suo passaggio alla Mostra di Venezia lo spagnolo Spara che ti passa del regista Carlos Saura, tratto dall'omonimo racconto dell'italiano Giorgio Scerbanenco nel libro Milano calibro 9 (pubblicato dall'editore Garzanti), l'hanno maltrattato tutti; e questo dopo che i giornali avevano fatto a gara nel pubblicare le belle fotografie della nostra Francesca Neri nelle succinte vesti della "tiradora" di un circo accampato a Madrid. Ora non voglio dire che siamo di fronte a un film riuscitissimo, ma come fa chi segue il cinema con occhio professionale a non riconoscervi sia pure qua e la' la mano di un grande regista? Giorgio Scerbanenco invento' la storia, ambientata ad Abbiategrasso e dintorni, di una walkiria berlinese, che fa un numero di tirassegno a cavallo, viene violentata da un trio di mascalzoni e si vendica ammazzandoli in batteria per poi andare a morire dissanguata in un cascinale dopo aver sparato anche a due poliziotti nel corso della fuga. Poche ma sostanziali le novita' del film: perduti i tratti teutonici e lesbici, la forzuta cavallerizza assume le leggendarie grazie della Neri, amante riamata del giornalista Antonio Banderas che in Scerbanenco non c'e'. Per una scelta melodrammatica che gli viene dalle frequentazioni di Carmen, Saura scavalca il tono cronachistico o da referto della pagina ricorrendo per commuoverci alla ripetuta romantica citazione della canzone Amore mio composta da Carlo Rustichelli per Un maledetto imbroglio di Germi. Si puo' dire che il film funziona fino a meta': nel descrivere l'ambiente felliniano del circo alla periferia, l'attrazione fatale della novella Annie Oakley sul bel giovanotto, il loro entusiastico affiatarsi, l'incursione degli stupratori nella roulotte e la conseguente vendetta della livida alba madrilena. Purtroppo in seguito, anche perche' il pubblico in gran parte ha gia' letto sulle anticipazioni come va a finire, si scivola nel prevedibile, con Banderas ridotto a personaggio tinca che pronuncia battute impossibili. Restano la visione, l'impaginazione e il ritmo di uno straordinario uomo di cinema qual e' Saura: e si vedano la sequenza della strage o quella dell'assalto finale. E rappresentano un valore l'intensita' , la tenerezza, l'infantile reattivita' e l'irreversibile scoramento che mette in quest'odissea di una donna armata e ferita a morte l'intrepida Francesca.
Ed ecco la recensione di Lietta Tornabuoni, che stronca il film (La Stampa, 3 settembre 1993), alla quale probabilmente si riferisce Kezich nel suo più "morbido" pezzo: Stupro e incesto, una ragazza del circo violentata da tre ragazzi operai e una bambina undicenne sessualmente usata dal padre, nei due film in concorso alla Mostra. Simili tragedie della violenza carnale e della sopraffazione dell’essere più debole sono, dal punto di vista della rappresentazione, un guaio. Va tutto bene se il problema viene affrontato con serietà documentaria, illustrandone motivazioni, implicazioni psicoanalitiche e conseguenze sociali, contribuendo alla conoscenza d’un dramma e magari alla sua riduzione; oppure se il tema viene affrontato da un grande autore, con la forza, la profondità e i mezzi espressivi dell’arte. Quando invece a occuparsi di quell’orrore sono docudrama, opere di genere misto tra realtà e finzione, oppure quando film o autore risultano di poca qualità, riesce difficile allontanare il sospetto di lenocinio, di compiacimento ribaldo, di morbosità irrispettosa. Si sa che le vittime sono adesso tra i protagonisti prediletti, ma si può anche provare insofferenza e ira nel vedere al cinema l’ennesimo stupro di gruppo praticato secondo i luoghi comuni formatisi attraverso tanti film e divenuti inalterabili: abiti lacerati, prima l’uno e poi gli altri, prima davanti poi dietro, infine la bottiglia e, dopo, la vittima che quasi morta si precipita sotto la doccia per un lavacro purificatore, per ripulire il proprio corpo insozzato dalla violenza. è quanto capita vedendo lo spagnolo Spara che ti passa (Despara!) di Carlos Saura, tratto da un racconto di Giorgio Scerbanenco appartenente alla raccolta Milano calibro 9 pubblicata da Garzanti, interpretato da Francesca Neri e Antonio Banderas. Una ragazza italiana del circo, appassionata di cavalli e di armi da fuoco, bravissima cavallerizza e tiratrice, all’inizio d’un amore con un giornalista, viene aggredita e brutalmente violentata di notte nella sua roulotte da tre giovani meccanici ubriachi che si sentono sfidati dalla bellezza, dalla forza e dal rifiuto di lei. Al mattino la ragazza li raggiunge nell’officina dove lavorano. Li ammazza tutti e tre, a fucilate. E comincia in automobile una lunga fuga disperata, segnata da altri morti e dal sangue delle sue ferite, che avrà termine con la morte. Francesca Neri recita il personaggio con efficacia. Carlos Saura conosce il suo mestiere, si capisce, ma da anni non fa un film bello né importante né autentico né sentito: e neppure stavolta l’ha fatto.Ed ecco l'incipit della recensione che si può leggere sul "Davinotti": "Tratto dall'omonimo racconto di Giorgio Scerbanenco (scritto con ben più vigore), un film che Carlos Saura e il co-sceneggiatore Enzo Monteleone hanno trasformato in un insipido polpettone senz'arte né parte".Insomma, mi pare di capire che si tratta dell'ennesimo film in cui Scerbanenco viene maltrattato. Naturalmente con l'eccezione di "Milano calibro 9" di Di Leo e di pochissime altre pellicole. Edited by tommaso berra - 16/2/2010, 17:28
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