Ladro contro Assassino

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Grea[t]!
view post Posted on 3/1/2010, 16:33




Propiziare l’inizio del nuovo anno con festeggiamenti fino alle prime ore del mattino è sicuramente una buona idea, così come continuare la giornata del primo Gennaio con un buon Scerbanenco, dopo una riposante e lunga dormita.
Ladro contro assassino, edizione Garzanti recentissima.
Il romanzo è preceduto dalla prefazione di Gabriele Romagnoli, il quale decide di dare un taglio particolare alla sua breve introduzione, immaginando di parlare con Scerbanenco all’interno di quel bar che nel romanzo sarà luogo simbolicamente importante. Sull’originalità di tale scelta ci sarebbe da discutere, perché già il gran Oreste del Buono fece lo stesso - cioè l’intervista con il fantasma di Scerbanenco - nell’introduzione de La vita in una pagina. Solamente che del Buono, a differenza di Romagnoli, fa rispondere Giorgio attraverso le parole autobiografiche contenute in Io Vladimir Scerbanenko, che seguono a Venere privata. Romagnoli, nella sua introduzione, fa riferimento proprio a La vita in una pagina, e allora mi chiedo se non abbia mutuato da lì la sua idea del dialogo immaginario. Sia nell’uno che nell’altro caso, tale espediente non è molto di mio gradimento, ma tant’è.
Piuttosto, trovo da ridire - e molto - sulla collocazione della prefazione, perché sarebbe più giusto chiamarla post-fazione, in quanto fa soffermare il lettore su elementi specifici, stralci brevi o riferimenti in genere, che si conoscono solo dopo la lettura. Un conto è introdurre un romanzo con i temi che esso tratta, parlando di come essi verranno affrontati o sulle tipologie dei personaggi che troveremo, un altro è invece riportare frasi precise, che suscitano significato in colui che già sa e ha letto - il ‘prefazionista’ - mentre dicono poco o nulla a chi ha appena aperto il libro.
Per non parlare degli spoiler.
Ma è possibile che fior fior di scrittori debbano rivelare particolari piccoli, ma pur sempre particolari strutturali importanti? E’ tanto difficile introdurre un romanzo senza per forza dire chi troverà la morte? Secondo me no, e questo mi fa un po’ adirare, non essendo la prima volta. Santo Roberto Pirani, di cui purtroppo non trovo alcun riferimento sul web, che ti fa apprezzare ancor di più Jelling e Rossa con fini constatazioni, sempre attendendo che il lettore completi il suo libro.
Consiglio perciò di dare un’occhiata alla prefazione dopo la fine del romanzo, perché i contenuti di Romagnoli sono comunque buoni e permettono al lettore di focalizzarsi meglio su alcuni particolari interessanti.
Dopo la prefazione, il romanzo. Protagonista è Mario Marrìa, borseggiatore di professione, che esce da San Vittore dopo un anno di carcere. Già da subito capiamo però come Mario sia un mascalzone buono, ladro sì, ma per la necessità di buscare il pane ogni giorno e perché ormai alla sua età non potrebbe essere in grado di fare nient’altro. Ladro contro Assassino parte come la storia di un umile e di una misera vita - intesa come condizione - nella grigia Milano. Scerbanenco lo ripeteva sempre: le sue storie hanno al centro gli umili, persone toccate dalla sofferenza contingente connaturata all’esistenza umana. Mario esce dal carcere con il solo scopo di ritrovare Caterina, la sua amata, nella speranza che ella, venuta a conoscenza del suo mestiere, voglia ancora stare vicina ad un uomo del genere. Ma il destino non sarà benevolo e Mario sarà costretto a trasformarsi, a divenire da ladruncolo esperto investigatore improbabile e poi, forse, perfino ad assassino.
Ancora una volta Scerbanenco dipinge un personaggio a cavallo fra due mondi, come Lamberti e i tanti altri che abbiamo visto in precedenza. Adesso, a divenire improbabile come investigatore è Mario, un ladro, che essendo dell’ambiente, avendo anche lui conosciuto il carcere - ricordo ancora Lamberti -, sa bene dove cercare, e può immedesimarsi nella mente di chi cerca.
Mario non è solo, avrà accanto alcune persone preziosissime per la sua ricerca e indispensabili per la sua fuga. Giovanna sarà la sua spalla, una donna scerbanenchiana in piena regola, scaltra e intelligente, sempre pronta ad offrire il suo aiuto in qualsiasi circostanza, anche quelle più avverse. E altre donne ancora, come la mamma di Caterina, colei che , proprio perché madre, non riesce a vedere di buon occhio la relazione tra la figlia e il suo amato ladro, ma che saprà anche essere al momento opportuno l’unica speranza di Mario, perché è una mamma dall’incredibile umanità e sa per questo capire fino in fondo l’animo delle persone. Marrìa è un ladro, non di più, il suo animo è buono, i suoi sentimenti verso Caterina sinceri. Ci sarà infine anche Raffaella, che da completa sconosciuta, si comprometterà e non poco pur di salvare Mario.
Donne, donne, donne, tante donne scerbanenchiane, diverse tra loro, ma tutte ugualmente importanti e decisive.
Ladro contro assassino è poi anche un romanzo dai tanti luoghi, da Milano a Orvieto, passando per Firenze e giungendo fino alla periferia perugina, in una casolare lungo il Trasimeno. Anche questo è un marchio di fabbrica di Scerbanenco: gli scorci descrittivi dei luoghi, la cui ammirazione fa cogliere al lettore l’atmosfera della storia, insieme coi sentimenti di chi ne è protagonista. La descrizione dello spazio ma anche quella dei piccoli gesti, dei movimenti del corpo, delle sfumature impercettibili, fa di Scerbanenco uno scrittore unico. In primo piano il mistero, tutt’intorno persone, vite, anime, particolari, senza i quali il romanzo non sarebbe uno Scerbanenco, ma un noir come ce ne sono tanti.
“La vita è un pozzo delle meraviglie, c’è dentro di tutto, stracci, brillanti e coltellate in gola”, ed è così anche in Ladro contro Assassino, e come in ogni Scerbanenco.

Edited by Grea[t]! - 3/1/2010, 18:31
 
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