CITAZIONE (marianna de leyva @ 12/1/2010, 19:10)
ho cominciato la conoscenza di Scerbanenco con “Il fiume verde” anno 1952. E la sorpresa è stata proprio questa: sembra scritto oggi, ma soprattutto voglio segnalare la modernità dell’approccio alla malattia psichiatrica che fa Scerbanenco, il quale risolve il racconto applicando e anticipando le teorie di Basaglia che scriverà il suo primo saggio “Che cos’è la psichiatria?” nel 1967. Scerbanenco poi mi sembra attratto da questa tematica, devo dire che anche io sono affascinata dalla complessità della materia, e condivido appieno l’idea che il male e il buio è in ognuno di noi.
marianna de leyva ha posto un problema credo cruciale per l’opera di scerbanenco:
il rapporto con la psichiatria, con la psicanalisi, con la malattia mentale. io non ho letto “il fiume verde” ma credo di poter essere di qualche aiuto per via di altre letture.
innanzitutto vorrei ricordare a marianna che il watson di jelling è uno psichiatra, criminologo e psicopatologo,
tommaso berra, del cui nome mi sono indegnamente appropriato. indegnamente perché non ho competenze in materia. ma la creazione di questo personaggio ci dice che scerbanenco era interessato, eccome, alla nuova scienza. dovremmo, almeno io dovrei, riprendere in mano il
ciclo di jelling con l’occhio puntato sulle questioni sollevate da marianna.
al momento mi sento di dare il mio contributo, su questo tema, parlando di un altro romanzo dove il problema della malattia psichiatrica è centrale:
“i diecimila angeli”, una storia ambientata tra il 1953 e il 1954. lo sto rileggendo per poterne parlare più diffusamente, ma l’intervento di marianna mi consente di discutere di questo aspetto particolare, e lo faccio ben volentieri.
“i diecimila angeli” è la storia della “conversione” di
aldo manori, un play boy ligure di famiglia alto-borghese, che un giorno viene ferito accidentalmente ad una gamba, su una spiaggia dell’adriatico, da una guardia di finanza che sta inseguendo un contrabbandiere. aldo è in compagnia di una nobildonna veneziana sposata che lo abbandona sanguinante sulla spiaggia per paura dello scandalo. ed egli ricorda che qualche anno prima, su quella stessa spiaggia, era stato lui ad abbandonare brutalmente una ragazza che aveva rifiutato di concederglirsi. da qui un potente rimorso, un calvario psicologico che porta aldo alla somatizzazione della ferita, per cui, pur guarito ortopedicamente dalla pallottola, non riesce più a camminare senza il bastone e decide perciò di farsi visitare, a milano, da uno psicanalista,
“il medico degli svitati”, come lo chiama scherzosamente, ma ritengo con simpatia, scerbanenco. dirò in altra sede del nesso tra questa malattia e la vicenda di aldo.
lo psicanalista,
il professor minghieri, è “un terribile e cordiale fiorentino dalla lingua tagliente che irrideva tutto”. è allegro, non sembra un medico, se non per il suo “sguardo penetrante”. anche il suo studio è anomalo: un sontuoso salotto ingombro di poltrone, divani e tappeti. la visita dura tre ore e per aldo costituisce un grande divertimento. minghieri è un medico moderno che conclude la visita (pagine 109-116 dell’edizione amica-bur del 1987) esortando aldo a buttare via il bastone. il “medico degli svitati” non esita a mettersi sullo stesso piano del paziente fino a dichiarare: “lei però dovrebbe sapere che ‘disturbi’ di questo genere li abbiamo tutti, compresi gli psicanalisti. tutti abbiamo qualche rimorso, qualche paura di essere colpevoli, qualche stramberia come quella di usare il bastone senza averne bisogno. io, per esempio, la notte non posso dormire tranquillo se, quando mi spoglio, non rimetto la cravatta che ho portato durante il giorno sull’apposito portacravatte”. il male ed il buio, sembra dire, sono in ognuno di noi, secondo la bella sintesi di marianna.
basaglismo ante-litteram, secondo l’ipotesi da lei avanzata? non sono in grado di dirlo, ma anch’io avevo fatto un pensierino a
basaglia quando ho letto il bel pezzo giornalistico che
scerbancredi ci ha regalato. ma mi era sembrato un volo pindarico e vi avevo fatto solo un timido cenno.
nelle pagine sulla visita del professor minghieri, inoltre, scerbanenco – mi ripropongo comunque di farle leggere a qualche psichiatra per avere un parere sulla loro attendibilità scientifica – si mostra molto documentato in materia, illustrando alcuni test, tra cui uno (registrazione dei tempi di esitazione) che viene effettuato tramite una tavoletta con una finestrella collegata da un filo elettrico a una cassetta.
fin qui apertura e simpatia di scerbanenco per la psicanalisi. ma il nostro discorso si complica - almeno così sembra a me - se leggiamo un passaggio di una lettera del '44 di giorgio a
don felice menghini, a proposito di
céline, che
l'ora d'oro ha riportato nella discussione su
"annalisa e il passaggio a livello".
eccolo:
"d'altra parte, l’epoca è quella che è, e quest’aria torbida non è solo negli scritti, nell’arte in genere, perfino nella scienza - vedi psicanalisi - ma un po’ nel cuore di tutti. e l’artista, forse, se ne difende, e così difende tutti coloro che lo comprendono, esprimendola, buttandola fuori in un’opera d’arte che non è mai la torbidezza in sé, concreta, ma la sua rappresentazione, e quindi il giudizio (leggi condanna) di questa stessa torbidezza. solo da questo punto di vista io apprezzo alcune di queste opere moderne; e solo per questo io stesso non chiudo la porta a questo clima corrotto, arido e brutale che è nell’aria, e lo riverso in alcuni miei scritti perché mi pare che in fondo costituisca uno dei miei doveri d’artista. mentirei - e cioè farei azione artisticamente sbagliata e moralmente falsa - se per seguire quei principi morali che pure sono in me, non dessi pure ascolto ad altre voci che non posso negare od abolire, e che sono le voci che corrono in questi ultimi anni per il mondo". qui sembra che giorgio diffidi della psicanalisi, associandola alla torbidezza dei tempi cupi che gli è toccato di vivere. e qui chiedo aiuto a chi ne sa più di me.
p.s.
cara marianna, il tuo giudizio sulle "difficoltà" dei nostri interventi mi ha molto colpito visto che proviene da una persona tutt'altro che culturalmente sprovveduta. lo considero perciò un
campanello d'allarme e mi/ti chiedo come possiamo essere più leggeri senza rinunciare a tentare di dire cose non banali su questo grande scrittore.
grazie per i tuoi contributi. nuovamente benvenuta tra gli amici di scerbanenco. t.b.
Edited by tommaso berra - 31/1/2010, 23:26