E Scerbanenco si inventò il gemello americano, La Stampa, 20 Marzo 2004, Bruno Ventavoli

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Grea[t]!
view post Posted on 18/1/2010, 20:04




RITORNA UNO DEI ROMANZI AMBIENTATI NEL NUOVO MESSICO CHE IL MAESTRO DEL NOIR ITALIANO SCRIVEVA SOTTO PSEUDONIMO: IL FINTO AUTORE AVEVA PERFINO UNA BIOGRAFIA

E Scerbanenco si invento' il gemello americano

Si chiamava John Colemoore. Scriveva romanzi di uomini veri, donne sensuali, passioni forti. Si diceva amasse la solitudine e fosse timidissimo. Ma non esisteva. O meglio, esisteva soltanto attraverso gli eroi del suo aspro West americano. Dietro l'identità fittizia c'era un personaggio molto reale, Giorgio Scerbanenco, il demiurgo del noir italiano, poligrafo romantico che narrava con uguale trasporto Milano in calibro nove o sogni e bisogni delle donne italiane del dopoguerra attraverso le pagine dei rotocalchi, efferati delitti gialli e sdolcinate passioni rosa. Ora Sellerio ripropone un delizioso romanzo, La mia ragazza di Magdalena (con una brillante e dotta postfazione di Roberto Pirani), uscito nel '49 con lo pseudonimo yankee, che consente di scoprire un filone poco conosciuto di quello straordinario scrittore di genere, versatile a tutti i generi. Scerbanenco partorì John Colemoore nel 1941. I nomi anglofoneggianti, nell'Italia fascista pronta a entrare in guerra con Albione, suscitavano emozioni proibite. Per lui, la scelta era dettata soprattutto da contingenze editoriali. Essendo sotto contratto con due editori, e ideando storie con incredibile bulimia narrativa, si trovò l'alias per pubblicare quattro romanzi tascabili in un anno e mezzo con un terzo editore. Nel 1943 Scerbanenco fuggì in Svizzera. Tornò a Milano nella primavera del '45, e pochi mesi dopo cominciò a dirigere e curare per Rizzoli Novella, Annabella, Bella. Prodigiosa «macchina da scrivere», non solo faceva i giornali, ma rispondeva alle lettere del pubblico e, mimetizzato dietro nove pseudonimi diversi, scriveva gialli, racconti d'amore, novelle d'avventura.
A John Colemoore, Scerbanenco era particolarmente affezionato. Lo riesumò nel dopoguerra dagli anni della giovinezza e gli fece firmare altri romanzi che compongono un bizzarro ciclo ambientato nel Nuovo Messico. Per renderlo più credibile gli inventò addirittura una biografia vera, in sintonia col grande Sud degli Stati Uniti. Annunciando l'uscita di La mia ragazza di Magdalena, su Novella, pubblicò la foto dell'inesistente autore, immaginandogli un viso virile, due baffetti alla Clark Gable. Nell'agile sunto della sua vita immaginaria, specificò che era nato 36 anni prima nel Nuovo Messico, figlio di un modesto distributore di benzina, non aveva potuto da giovane dedicarsi a scrivere come voleva, aveva svolto svariati mestieri, perfino il lavandaio, e dopo numerosi tentativi falliti un'importante rivista gli aveva pubblicato il primo romanzo, aprendo le porte del successo. Non era sposato, era schivo, timido. Con somma ironia, la noticina sottolineava anche che Colemoore nei libri «mette tutta la nostalgia per la sua terra che e' quella che i nostri lettori hanno imparato a conoscere in un romanzo di Giorgio Scerbanenco, Il Grande incanto».
Il malinconico eroe della Mia ragazza di Magdalena si chiama Martino Correal. Anche lui avrebbe voluto scrivere, fare il giornalista. Aveva cominciato dal basso, facendo le pulizie in una redazione e proponendo articoli romantici sullo sfortunato amore della mitologica Medusa. Ma dato che il mondo della carta stampata - che Scerbanenco conosceva direttamente molto bene - non era affatto romantico, bensì popolato di personaggi mediocri, avvinghiati ai loro orticelli e ai loro privilegi, preferì diventare un gangster. E' duro, freddo, sprezzante con le donne. Ha rapinato e saccheggiato. Ma non ha mai ucciso un uomo. E, proprio per evitare di farlo, è costretto a scappare, braccato dall'ex boss, nemico sia dei malviventi sia della legalità. La lunga fuga nell'immenso paesaggio americano, che consente a tutti di nascondersi, lo porta a fare i conti con la propria coscienza, con le difficoltà della redenzione, con un amore affiorato inesorabile dai sogni infranti della giovinezza. Intorno, la classica cornice della letteratura di genere, con delinquenti, pestaggi, omicidi, amplessi, rimorsi di uomini duri e rossori di ragazze in pericolo.
Scerbanenco non conosceva il Nuovo Messico. Ma descrive quegli scenari selvaggi con la stessa dimestichezza con cui Salgari immaginava tropici sulla riva del Po torinese. La sua fonte, oltre agli atlanti, è il cinema, straordinaria enciclopedia visiva del mondo. Il paesaggio è quello di Duello al sole (anche se il film di King Vidor non è affatto ambientato a Magdalena), il protagonista somiglia a Joel Mac Crea, un caratterista dei western, una ragazza ricorda Joan Fontaine, un taglio di capelli, Veronika Lake, un sorriso leale, Gregory Peck. La secchezza dei dialoghi, il turbine delle passioni, il facile contrasto di peccato e riscatto, di candore e perversione: tutto nei romanzi di Colemoore-Scerbanenco rimanda ai grandi technicolor hollywoodiani, allo schematismo morale dei b-movies. E ne costituisce il fascino ingenuo. L'Italia degli anni Cinquanta reclama gioia, euforia, ricostruzione. Ma molti restano i lati bui. E Scerbanenco non dimentica mai le amarezze, le dissonanze. Tutto finisce bene nei suoi romanzi, nel ciclo del Nuovo Messico. Ma nulla è roseo, perché gli eroi devono pagare un tributo per essere felici oltre le convenzioni. Lui, figlio di un russo ucciso dalla rivoluzione rossa, apolide, scrittore in una lingua acquisita, testimone diretto degli olocausti del secolo breve, denuncia la follia dei razzismi («forse la gente preferisce che un uomo sia un delinquente piuttosto che vada con una donna di razza differente») e racconta la struggente bellezza dell'amore meticcio.
L'Europa è appena uscita dai Lager, dai campi profughi, ma le prigionie non finiscono mai. Anche nell'America, benemerita nemica del nazifascismo, ci sono cattività rimosse e nascoste. I lettori di Magdalena lo scoprono per caso, quando l'eroe braccato trova pace in una riserva indiana, piccolo inferno arido, creato dagli invasori bianchi per rinchiudere gli antichi padroni del continente. Ma se l'uomo crede nell'utopia dell'amore, le diversità razziali e i confini sigillati dal potere si sbriciolano sempre. Nei feuilletton sembra facile. Perché non crederci? Giorgio (vero nome Vladimir) Scerbanenco nacque nel 1911 a Kiev, in Ucraina, da madre italiana e padre ucraino, e morì a Milano nel 1969. Dopo molti mestieri (fresatore, magazziniere, fattorino, correttore di bozze) divento' giornalista e scrittore. Ai romanzi rosa alterno' quelli d'avventura e sopratutto noir. Il suo personaggio giallo piu' famoso e' Duca Lamberti.

BRUNO VENTAVOLI

Edited by Grea[t]! - 18/1/2010, 20:47
 
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