O, di Giorgio Scerbanenco, presenta VOCE DI ADRIAN

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Grea[t]!
view post Posted on 28/2/2010, 19:07




O

Mi è stato chiesto, anzi sono stato gentilmente ma fermamente pregato, di mettere ai miei scritti dei titoli brevi perché i titoli lunghi che uso di solito impacciano tipograficamente. Docilmente aderisco subito all’invito, intitolando questo Voce: O, ritenendo che O sia un titolo abbastanza breve, almeno per il momento. O senza acca, cioè O nel senso di O questo o quello, e non nel senso oh, che figliolo! O, dunque, nel senso di scelta, e non nel senso esclamativo. Per quanto infatti pochi se ne rendano conto, ogni attimo della nostra vita è una scelta, è un questo o quello. Di solito si sceglie male, a volte, forse per pura combinazione, si sceglie bene, ma comunque si sceglie sempre, ininterrottamente. Si sceglie non solo dalla sarta (la donna), e non solo dal cravattaio (l’uomo), ma si sceglie dovunque e di continuo, e scegliendo una cosa si scartano tutte le altre. Osservate infatti che cosa succede: al mattino, scegliendo di indossare l’abito grigio, scartiamo tutti gli altri abiti, pochi o tanti che siano, che abbiamo nell’armadio. Poi possiamo scegliere di telefonare in ufficio che ci sentiamo poco bene e che non andiamo. Non lo facciamo, ma potremmo farlo. Comunque, scegliendo di andare in ufficio, scartiamo tutte le altre cose che avremmo potuto fare invece di andare in ufficio, scrivere per esempio una poesia d’amore, andare ai giardini a dar da mangiare alle foche, correre da Giovanna per correre con lei sui prati in fiore. Alla sera, dopo un’altra giornata di lavoro e di continue anche se minutissime scelte, scegliamo se andare al cinema o ascoltare la radio, o correre ancora da Giovanna. E cosi facendo, cioè scegliendo una cosa, scartiamo tutte le altre. Questo mi sembra che ora sia chiaro e che io sia riuscito a spiegarmi. Ma la conseguenza di tutte queste scelte forse non è prevista. La conseguenza è che le scelte più importanti sono le meno importanti, le più gravi sono sempre le più futili. Sposare Antonio, per esempio, o non sposarlo, vi potrà sembrare una scelta grave. Non è vero, è una pura futilità. Al punto in cui siete, dopo cinque anni di fidanzamento, con la casa mezzo arredata e con le amiche che aspettano il matrimonio, sposare o non sposare è una scelta da bambini, risibile. Infatti il momento importante non sarà quando voi direte di si al sindaco, il punto veramente importante è stato quella sera di cinque anni fa, quando decideste di andare a trovare la vostra amica e dalla vostra amica conosceste Antonio. Se voi quella sera, invece di scegliere di andare a trovare la vostra amica, aveste scelto di andare al cinema, non avreste conosciuto Antonio e non vi sareste innamorata di lui. La scelta importante fu anche quando egli vi strinse il braccio un po’ forte la prima volta e voi foste indecisa se scegliere di ritirare bruscamente il braccio, o se abbandonarvi di più a lui. Voi sceglieste di abbandonarvi di più a lui e questo fu importante perché vi portò un passo più avanti verso la via del matrimonio, e facendo tante altre migliaia di piccole scelte di questo genere, voi faceste tante altre migliaia di passi verso il matrimonio: insomma voi avete cominciato a scegliere di sposarlo molto prima che vi rendeste conto che stavate scegliendo, appunto, di sposarlo. Con l’andare in chiesa insieme con lui a dire di sì, voi non fate che un altro passino, un’altra scelta, senza la minima importanza. Insomma, ho voluto mettervi in guardia: noi cominciamo a scegliere certe vie della nostra vita, ancora prima di rendercene conto. Uno che sceglie di andare in motocicletta a centonovanta all’ora, ha già scelto senza saperlo qualche ospedale o qualche bianca romantica tomba fra piccoli cipressi malinconici. La ragazza che sceglie tanti fidanzati diversi, per amore di varietà, sta scegliendo, senza saperlo, quello che i poeti di canzonette chiamano la via del male. La moglie che sceglie continuamente la compagnia degli amici del marito, sta scegliendo in effetti un bell’adulterio. Il giovanotto che sceglie di non lavorare perché lui a lavorare si stanca, sta scegliendo, in realtà, condanne variabili dai tre ai dieci anni di carcere per furto, o rapina, o truffa. Insomma noi scegliamo la nostra strada molto tempo prima di saperlo, avviandoci per una strada a piccoli passi di infinite scelte: e quando ci accorgiamo su quale strada ci troviamo, è troppo tardi.
Bisogna accorgersene prima, attenzione.


Giorgio Scerbanenco


Leggendo l'indice finale dei racconti di Adrian mi soffermo, stranito, su un titolo verso la fine dell'elenco. Penso si tratti di un errore, perchè come si fa a chiamare un racconto O? E invece si fa, se chi scrive è Scerbanenco. Leggo il racconto, rapido, semplice, chiaro, di facile comprensione. Un racconto attuale, modernissimo, con una Verità spiegata in due righe. Poi vedo la data di Adrian, 1956, e allora ripenso a come sia possibile che un non-filosofo spiegasse così bene un concetto esistenziale tanto importante e fine, ma affatto scontato e ovvio.

"Per quanto infatti pochi se ne rendano conto, ogni attimo della nostra vita è una scelta, è un questo o quello. Di solito si sceglie male, a volte, forse per pura combinazione, si sceglie bene, ma comunque si sceglie sempre, ininterrottamente.[...]Insomma noi scegliamo la nostra strada molto tempo prima di saperlo, avviandoci per una strada a piccoli passi di infinite scelte: e quando ci accorgiamo su quale strada ci troviamo, è troppo tardi."

Meraviglioso.
Ho deciso allora di aprire lo spazio di Voce di Adrian attraverso le parole di un grande scrittore. Scerbanenco presenta Scerbanenco, manifesto di se stesso, in una raccolta di racconti o - meglio - Voci perchè queste righe racchiudono l'anima delle corrispondenze che Adrian aveva con le sue lettrici. Queste Voci sono per tutti, ed in particolare sono - nel senso di esserci, essere lì - per "le più sole creature del mondo", cioè le persone sole, le donne soprattutto, quelle che scrivono ad Adrian. Nella nota iniziale Giorgio espone ancora filosoficamente:

"Non si parla della solitudine materiale; nel mondo vi è troppa gente, tutti abbiamo troppi parenti, amici, conoscenti, vicini di casa, compagni di caffè, perchè si riesca ad essere materialmente soli. Ma in mezzo a tutta questa gente, tutti abbiamo dei momenti, dei giorni, dei periodi più o meno lunghi, in cui siamo soli spiritualmente. [...] doveva trattarsi di una cattiva solitudine, la solitudine che dà l'infelicità."

Smisurato e profondo Scerbanenco.

Riporto anche l'elenco alfabetico delle Voci di Adrian, anche queste le ritroverete nella torre bibliografica.

- Anche nell’isola Desolacion
- Andate e parlate
- Assolutamente indubitabile
- Bambina immobile
- Capriccio con rivoltella
- Carenza di dolcezza
- Come i barbari
- Creature della natura
- Crociate dal fiato corto
- Discorso del gasista
- Erano capaci di vivere
- Esperienza senza esperienza
- Felici da destra a sinistra
- Finché c’è una Matilde
- Grazie, Grace
- I marziani e i tuoi occhi
- I poliziotti non cantano
- I romantici stanno fuori
- Il bastone sottinteso
- Il nostro sole
- Il presidente e il portinaio
- Il pudore
- Intelligente come?
- L’ottavo peccato capitale
- La finirete d’imbrogliarvi
- La gallina massima
- La grande epoca
- Le amazzoni e le ninfe
- Le effimere lo sanno
- Le nuvole, dicono la verità?
- Lo zio cacciatore
- Lottare per non imparare
- Nelle lacrime della vostra adorazione
- Neppure un ombrello
- Non ci son compromessi
- Non importa
- Non si finisce mai di pensare
- O
- Patriarchi in calzoni
- Patto col diavolo
- Pensieri pesanti
- Perché triste?
- Perdono la saggezza
- Ritratto amaro
- Sarebbe ferma come un sasso
- Sensibilità saltellante
- Serata di gala
- Signori della Natura
- Singolari artisti
- Storia moderna
- Suonerete il tamburello
- Triste scelta
- Un colombo dal mio cilindro
- Un mestiere costituzionale
- Un nobile tentativo
- Un poco idiota, si
- Un sistema dialettico
- Una signora, un cane e un naufragio
- Uomini soli
- Vive semplicemente

Edited by Grea[t]! - 28/2/2010, 20:15
 
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tommaso berra
view post Posted on 28/2/2010, 22:39




CITAZIONE (Grea[t]! @ 28/2/2010, 19:07)
O

Al punto in cui siete, dopo cinque anni di fidanzamento, con la casa mezzo arredata e con le amiche che aspettano il matrimonio, sposare o non sposare è una scelta da bambini, risibile. Infatti il momento importante non sarà quando voi direte di si al sindaco, il punto veramente importante è stato quella sera di cinque anni fa, quando decideste di andare a trovare la vostra amica e dalla vostra amica conosceste Antonio. Se voi quella sera, invece di scegliere di andare a trovare la vostra amica, aveste scelto di andare al cinema, non avreste conosciuto Antonio e non vi sareste innamorata di lui. La scelta importante fu anche quando egli vi strinse il braccio un po’ forte la prima volta e voi foste indecisa se scegliere di ritirare bruscamente il braccio, o se abbandonarvi di più a lui. Voi sceglieste di abbandonarvi di più a lui e questo fu importante perché vi portò un passo più avanti verso la via del matrimonio, e facendo tante altre migliaia di piccole scelte di questo genere, voi faceste tante altre migliaia di passi verso il matrimonio: insomma voi avete cominciato a scegliere di sposarlo molto prima che vi rendeste conto che stavate scegliendo, appunto, di sposarlo. Con l’andare in chiesa insieme con lui a dire di sì, voi non fate che un altro passino, un’altra scelta, senza la minima importanza.

Scerbanenco presenta Scerbanenco, manifesto di se stesso, in una raccolta di racconti o - meglio - Voci perché queste righe racchiudono l'anima delle corrispondenze che Adrian aveva con le sue lettrici. Queste Voci sono per tutti, ed in particolare sono - nel senso di esserci, essere lì - per "le più sole creature del mondo", cioè le persone sole, le donne soprattutto, quelle che scrivono ad Adrian. Nella nota iniziale Giorgio espone ancora filosoficamente:
"Non si parla della solitudine materiale; nel mondo vi è troppa gente, tutti abbiamo troppi parenti, amici, conoscenti, vicini di casa, compagni di caffè, perché si riesca ad essere materialmente soli. Ma in mezzo a tutta questa gente, tutti abbiamo dei momenti, dei giorni, dei periodi più o meno lunghi, in cui siamo soli spiritualmente. [...] doveva trattarsi di una cattiva solitudine, la solitudine che dà l'infelicità."

Delizioso questo "O". Deliziosa, e soprattutto nota agli scerbanenchiani, la riflessione sulla solitudine. "Non rimanere soli", è ancora una volta l'imperativo di Giorgio perché la solitudine dà infelicità e si può essere soli anche in mezzo a tanta gente. Una verità che scritta nel '56 ha il sapore di una piccola profezia sui nostri giorni.
Ho messo in neretto il sindaco e il prete. Equanime Giorgio! In un testo di poche righe ha cercato di parlare sia ai laici sia ai cattolici, o meglio alle laiche e alle cattoliche. Prima matrimonio civile davanti al sindaco, sette righe dopo matrimonio religioso in chiesa. Non credo si tratti di distrazione. Credo che Giorgio abbia voluto dire (sottolineo anche in questo caso che siamo nel '56) che le due scelte hanno pari dignità e sono entrambe meritevoli di rispetto.
 
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