| Caro Stefano, innanzitutto benvenuto nella comunità scerbanenchiana. Cerco di venire incontro alla tua curiosità su "Uomini in grigio" facendo copia/incolla del mio "Scerbanenco visto da Pistelli" che trovi integrale in Bacheca. Purtroppo io non ho ancora letto questo romanzo, ma non dispero, con un po' di tempo, di trovare la raccolta del "Novellino" in qualche biblioteca. Ecco il brano riguardante il primo romanzo scerbanenchiano:
[...] Di ben altro respiro – scrive Pistelli – è il romanzo che Scerbanenco pubblica sul “Novellino” in venti puntate: è il suo primo romanzo, come sappiamo, “Gli uomini in grigio” ed è “un notevolissimo esempio [ci suggerisce a ragione pirani] di capacità di fusione di tutti i cliché abituali del giallo: la banda internazionale di criminali (gli ‘uomini in grigio’), il misterioso signor x, gli ambienti diversi (Italia, Francia, Inghilterra, auto, treno, ville misteriose), ricatto, furto, rapimento, inseguimento, sostituzione di persona, trappole diaboliche, persino il tema del ‘doppio’ (due gemelli, uno buono e uno cattivo), il tutto subordinato all’efficacia del ritmo e della suspense e al piacere coinvolgente della narrazione, che sono già alcuni dei pregi del futuro grande Scerbanenenco”. Anche in questo romanzo c’è un impavido ragazzino, Mario, nel ruolo di risolutore dell’intricato mistero. Mario, un orfano educato in un istituto fondato da una generosa vedova di guerra, è dunque il secondo investigatore di Scerbanenco, naturalmente irregolare come tutti i suoi investigatori. A proposito di questo romanzo Pistelli nota che Scerbanenco rivela nell’incipit la palpabile preoccupazione di non alienarsi le simpatie del regime fascista, avvertendo i suoi lettori ragazzi che gli avvenimenti da lui narrati accadevano quando “i figli dei poveri vivevano ancora nelle loro case buie. E non avevano mai veduto il mare … quando ancora nessuno pensava ai bambini che avevano bisogno di sole, di aria, di campi liberi, dove trascorrere sanamente i primi anni della loro bella giovinezza”. Si deve sottolineare in proposito che questo dimostra, a mio avviso, non un’adesione al regime da parte di Scerbanenco, ma solo un generico riconoscimento, per quieto vivere, di certe sue caratteristiche sociali nel campo dell’educazione dei giovani. Nulla a che vedere con altri autori, primo fra tutti Romualdo Natoli, che del “giallo” fece uno strumento di entusiastica propaganda della politica mussoliniana e persino hitleriana con il suo Welf Schurke, perfetto investigatore di “razza ariana”.
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